23 Maggio 1992: oggi, domani e sempre.

Di Noemi Gatto

Se vi aspettate da questo articolo -in realtà è più una riflessione, non sono una giornalista- la solita favoletta commemorativa, potete anche chiudere ed andare altrove.

E vi spiego pure le ragioni.

Ragione numero 1: Non ho mai amato la retorica sterile, messa in atto un giorno all’anno, per cumulare quale like o per uniformarsi al pensiero della massa. Odio fortemente l’ipocrisia.

A maggior ragione, se “vomitata” su una vicenda di estrema importanza- quale è l’uccisione di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo ed i poliziotti Montinaro, Dicillo e Schifani – ed a cui mi sento particolarmente legata. Pertanto rimarrò fedele alla mia trasparenza ed al mio essere diretta.

Ragione numero 2: Il raccontino del cattivo che uccide il buono, ha stancato. Oramai non regge più. Non è tutto bianco o nero. Esiste il grigio e va raccontato.

La Strage di Capaci – non lo dico io, ma fatti storici e processuali- non è stata una semplice vendetta di Salvatore Riina o di Cosa Nostra, ma un piano stragista in cui sono confluiti diversi centri di potere criminale.

Ed allora perchè – oltre alle iniziative commemorative, che rischiano di diventare dei rituali sterili – non raccontiamo alla collettività, che sui fatti del 23 Maggio ci sono tantissime zone d’ombra su cui deve farsi ancora luce?

Le questioni rimaste irrisolte

Per esempio: Chi è realmente la donna di cui sono state trovate tracce di DNA sul luogo della strage?

Perché Riina avrebbe detto ad un suo fedelissimo: “Dobbiamo stare zitti sulla strage, se si viene a sapere la verità per Cosa Nostra è finita.”

A cosa alludeva il capo dei capi?

Perchè sul luogo della strage venne trovato un foglietto con un numero risalente ai Servizi Segreti?

Perchè solamente in fase di esecuzione, Riina ritirò il commando composto da uomini fra cui Graviano, Messina Denaro, pronti ad uccidere Falcone a Roma?

Sarebbe stato più facile, dal momento che il giudice spesso disertava la scorta, camminando a piedi da solo.

Perchè organizzare un attento più articolato e complesso a Palermo?

Perché dopo la strage furono manomessi i file sul pc del Dott. Falcone?

Chi sono le entità esterne che avrebbero partecipato alla strage, come emerge da numerose sentenze definitive?

In altre parole, chi sono quelle “menti raffinatissime” di cui anni prima, lo stesso Giovanni Falcone parlava? E vi assicuro, che i quesiti non sono solo questi. Sono forse troppo scomodi? Troppo complessi? Evidentemente si, perché dopo ventinove anni rimangono ancora interrogativi senza alcuna risposta.

Ora, non fraintendetemi. Credo fermamente nelle iniziative commemorative, soprattutto quando è la scuola a coinvolgere i più piccoli, tuttavia penso sia fondamentale raccontare la storia senza addolcire la “pillola”. Non bisogna filtrare i fatti avvenuti quel 23 Maggio, bisogna ricordarli con tutti gli interrogativi che ne conseguono.

Non possiamo pretendere di onorare la memoria di un Uomo che dell’onestà intellettuale ne è l’emblema, se poi omettiamo i particolari più scomodi. Scegliere di narrare la verità a qualunque costo, anche quando questo significhi andare contro lo “status quo”, non è forse questo uno degli insegnamenti di Giovanni?

E soprattutto, non credete che l’informazione (quella vera) sia indispensabile per formare consapevolmente le coscienze dei più giovani?

La decisione della Corte Costituzionale sull’ergastolo ostativo

Dulcis in fundo -come se non bastasse il fatto che dopo 29 anni la verità sulla strage di Capaci non sia ancora stata svelata del tutto – la Corte Costituzionale sembrerebbe aver intrapreso un percorso di “demolizione” dell’impalcatura normativa – ispirata proprio da Giovanni Falcone- messa in atto per fronteggiare le mafie.

Il tanto discusso ergastolo ostativo – disciplinato ai sensi dell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario – è stato dichiarato (il 15 aprile 2021) costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione e con l’art. 3 della CEDU, nella misura in cui non consente ai condannati per associazione mafiosa che non abbiano collaborato con la giustizia, di accedere alla libertà condizionale o più in generale ai benefici previsti dalla legge.

Allo stesso tempo però, la Corte Costituzionale ha riconosciuto che l’immediata operatività della cancellazione dell’ergastolo ostativo rischierebbe di dar vita ad una falla nell’impianto normativo volto a contrastare la criminalità organizzata.

In virtù di ciò, ha disposto il rinvio ad una nuova discussione della questione in esame, alla data del 10 maggio 2022, fornendo al Parlamento un anno di tempo per prendere atto della censura e modificare la disciplina normativa dell’art. 4 bis ord. pen.

La decisione della Corte Costituzionale appare ancora più preoccupante, se si pensa che nel 2019 – in seguito ad una pronuncia della corte EDU che aveva ravvisato una violazione dell’art. 3 della Cedu, ritenendo la legge di cui all’art. 4-bis o.p. consistente in un trattamento degradante ed inumano- ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’ergastolo ostativo, nella parte in cui non riconosceva la possibilità ai condannati per 416 bis c.p. di accedere ai permessi premio anche senza aver collaborato, laddove il magistrato di sorveglianza ne verificasse i requisiti tra cui la piena prova data dal soggetto di partecipare al percorso rieducativo.

A distanza di quasi trent’anni dalle stragi di Capaci e via d’Amelio, lo Stato sembrerebbe aver dimenticato la ratio che ha ispirato la disciplina dell’ergastolo ostativo. Il nostro Paese ha vissuto una stagione stragista unica al mondo. La magistratura e le forze dell’ordine hanno pagato un prezzo altissimo per provare a contrastare efficacemente le cosche mafiose.

Ed è innegabile che il loro sacrifico sia stato frutto anche di un’inadeguatezza del sistema normativo e dell’impianto processul-penalistico, fino a quel momento sprovvistiti di strumenti idonei a fronteggiare il pericolo mafioso.

L’entrata in vigore dell’ergastolo ostativo, non ha rappresentato semplicemente un duro colpo per le associazioni mafiose – non è un mistero che fra le richieste del famoso “papello” di Salvatore Riina vi fosse proprio l’abolizione del cd. “fine pena mai”– ma ha costituto anche un incentivo ad intraprendere un percorso collaborativo con la giustizia.

E chiunque si sia informato sul percorso professionale di Giovanni Falcone, sa per certo l’importanza che egli aveva attribuito ai collaboratori di giustizia ed alle loro rivelazioni.

Ebbene, credo che in questo 23 Maggio l’unico modo per onorare e ricordare l’operato di Giovanni Falcone, sia quello di interrogarsi sul perché (a distanza di 29 anni) lo Stato sembrerebbe tradire le sue intuizioni.

Per quale ragione, questo Paese dalla memoria corta, sta indietreggiando nella lotta alla mafia?

Perchè è in atto un’operazione di smantellamento della normativa antimafia?

Personalmente quest’anno voglio ricordati così.

Interrogandomi sulle situazioni e cercando nel mio piccolo di far sentire la mia voce. A testa alta, sempre dritto per la mia strada. Del resto, me l’hai insegnato tu Giovanni, che bisogna lottare per quello in cui si crede, a qualunque costo.

E’ una promessa.

Spero che il mio abbraccio arrivi forte a Te, Francesca, Antonio, Vito e Rocco.

A VOI, ieri, oggi, domani e sempre.

Noemi Gatto

Giovanni Falcone