In ricordo di Antonio Gramsci

Autore: Antonio Mazzotta

Chi è Antonio Gramsci?

Critico teatrale e letterario, politico, filosofo, giornalista; questo, e molto altro era Antonio Gramsci.

Sin dal liceo Gramsci si avvicinò alla politica e al giornalismo, queste passioni fecero leva sulla scelta degli studi, che ricadde su quelli letterari all’università di Torino. Studi che però non completò mai, perché l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915 e l’impegno preso con un giornale torinese, lo portarono a lasciare l’università.

La dedizione al giornalismo viaggiò di pari passo con l’intensificazione dei rapporti con il partito socialista. Negli anni curò varie riviste, sempre di stampo socialista, nonostante le sue idee continuassero a trasformarsi di colore rosso.

Nel 1921 la scissione tra Gramsci e il socialismo si definì e venne fondato il PCd’I (Partito Comunista d’Italia).

L’avvento del fascismo

Nel 1924 le Federazioni comuniste italiane organizzarono vicino Como un convegno antifascista nel quale i partecipanti, per evitare problemi, si finsero operai di un’azienda milanese, con tanto di discorsi e inni a favore di Mussolini.

Il 10 giugno dello stesso anno un gruppo di fascisti rapì e uccise il deputato socialista Giacomo Matteotti. La comune indignazione che si respirava sembrava potesse essere la spada di Damocle che avrebbe portato alla caduta del regime, ma non fu così; un’opposizione inerte non riuscì a imporre un minimo di giustizia istituzionale in un paese che pian piano era indirizzato verso la morte. Il totalitarismo fascista prendeva sempre più libertà d’azione. Nel 1927 Mussolini arrivò a istituire il Tribunale Speciale Fascista per proteggere lo Stato eliminando i potenziali pericoli anti-regime.

Il carcere, le malattie e la morte

Nel 1928 il processo a ventidue imputati comunisti portò all’accusa di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all’odio di classe; la sentenza fu di colpevolezza con 20 anni da scontare nel carcere di Turi (BA). La requisitoria del Pubblico Ministero si concluse con una frase storica nei confronti di Gramsci, “Bisogna impedire a questo cervello di funzionare per venti anni”.

Appena ottenuto il materiale per lavorare, il neo detenuto iniziò a scrivere i suoi “Quaderni del carcere”; quaderni che rispecchiano un pensiero fortemente influenzato da personaggi di stampo comunista come Marx, Engel e Lenin ma soprattutto dal, più grande amante e cultore della politica: Niccolò Machiavelli.

Grazie alla scrittura e al confronto quotidiano durante l’ora d’aria con i compagni di partito, Gramsci riduceva radicalmente il senso di distacco che il carcere crea con il mondo esterno.

È proprio grazie alla detenzione che conobbe una figura di spicco come quella di Sandro Pertini, con il quale nacque una forte amicizia e una stima che durerà anche dopo la scarcerazione. A causa di un’arteriosclerosi e del ritorno del morbo di Pott (di cui soffriva sin dall’infanzia) ottenne una cella individuale. Le sue condizioni di salute peggiorarono costantemente e nonostante il codice penale prevedesse la concessione della libertà condizionata ai carcerati in gravi condizioni di salute, Gramsci non riuscì a ottenere i suoi diritti.

Solo nel 1934 Mussolini accettò le condizioni del codice penale ma alle sue condizioni: il detenuto doveva essere tenuto costantemente sotto controllo e in una clinica indicata dallo Stato per paura di una fuga all’estero. Gramsci arrivò in ospedale malato di arteriosclerosi, ipertensione e di gotta.

Nel 1937 ottenne la piena libertà e dopo una sola settimana morì a causa di un’emorragia celebrale.

Considerando il periodo che stiamo vivendo e le vicende ormai quotidiane (l’astensione del centrodestra per la mozione proposta da Liliana Segre e il mancato applauso per quest’ultima; la folla che si è presentata a Predappio per onorare la salma di Benito Mussolini; i vari saluti romani diventati ormai una normalità in tante piazze ecc. ecc.) è importante a chiarire un’oggettività: il fascismo e tutto ciò che è collegato all’apologia fascista, è un reato, e come tale è contrario alla costituzione italiana, una costituzione fondata, come dice la storia, sui valori dell’antifascismo.

Pensare, credere e affermare che il fascismo sia un’idea libera di poter essere espressa è il più grande errore che un italiano possa commettere. Il fascismo non è un’opinione, non ha “fatto anche cose buone”. Studiamo, non smettiamo mai di essere curiosi nei confronti della Storia perché solo così non tornerà mai più quello che i nostri nonni hanno vissuto: fame, paura e guerra.

Se il fascismo è nero, l’antifascismo è tutti i colori del mondo.

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