Il film “Sulla mia pelle” che racconta gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, è uno di quei film capaci di cambiarti lo sguardo, di infliggerti un pugno nello stomaco così forte da renderti incapace di respirare.
È un film che mette in luce la paura, il dolore, l’indifferenza, la rassegnazione.
Guardare questo film significa scavare anche dentro se stessi, dentro le contraddizioni del nostro Paese, del nostro Stato, che in primo luogo dovrebbe difendere i diritti dei cittadini e che puntualmente è incapace di guardarsi dentro.
Mette in luce un Paese in cui, alcuni uomini delle istituzioni, che hanno l’onere e l’onore di indossare una divisa-teoricamente per servire il Paese e proteggere i cittadini – se ne servono per usarla contro di loro.
La storia di Stefano grazie alla forza e alla grinta della sua famiglia, è diventata la storia di tutti.
Dietro i nostri schermi, le nostre mani avrebbero voluto toccare quelle
di Stefano, rimboccargli le coperte ed ascoltarlo. Nessuno di noi ha potuto
farlo, neanche ai genitori fu permesso di incontrare il figlio quando era
ancora vivo, ma adesso ciascuno di noi può fare di più, raccontare questa
storia e chiedere che venga fatta giustizia una volta per tutte.
“Stefano è stato il 148° morto in carcere. Il
totale del 2009 è di 172 detenuti. I medici e i periti dei processi non hanno
ancora trovato una spiegazione scientificamente condivisa sulla morte di
Stefano.”
IL PRIMO PROCESSO SULLA MORTE DI STEFANO CUCCHI È
FINITO CON L’ASSOLUZIONE DI TUTTI GLI IMPUTATI.
DOPO NUOVE INDAGINI DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA,
IL 10 LUGLIO 2017 IL GIUDICE PER LE UDIENZE PRELIMINARI HA RINVIATO A GIUDIZIO
TRE CARABINIERI PER OMICIDIO PRETERINTENZIONALE E ALTRI DUE PER CALUNNIA E
FALSO IN ATTO PUBBLICO