Minacce a Roberto Saviano e Rosaria Capacchione, dopo 13 anni la sentenza di condanna

Sono trascorsi 13 anni dalla famosa udienza del 13 marzo 2008 nel corso del processo d’appello Spartacus contro il clan dei casalesi, nella quale l’avvocato Michele Santonastaso lesse la sua richiesta di ricusazione della Corte, menziando il libro “Gomorra” di Roberto Saviano e alcuni articoli della giornalista Rosaria Capacchione i quali, secondo l’avvocato avrebbero potuto influenzare I giudici.

Le intimidazioni e minacce

In realtà quelle parole erano delle vere e proprie minacce.

Infatti i giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Roma hanno inflitto due condanne, riconoscendo l’aggravante del metodo mafioso al reato di minaccia.

Hanno condannato ad un anno e sei mesi il boss dei Casalesi, Francesco Bidognetti (detenuto in regime di carcere duro) e ad un anno e due mesi il suo difensore, l’avvocato Michele Santonastaso . Hanno invece assolto l’avvocato Carmine D’Aniello, difensore dell’altro storico boss del gruppo criminale casertano, Antonio Iovine.

A seguito delle esternazioni di 13 anni fa, il servizio di protezione nei confronti di Saviano fu stato altamente rafforzato e da quel momento in poi la sua vita e quella delle giornalista Capacchione, cambiarono profondamente.

I camorristi avrebbero voluto con quelle intimidazioni, fermare la parola, fermare il racconto perché si era spinti “oltre la soglia consentita”.

Avrebbero voluto che i giornalisti in questione si fossero fermati a raccontare i fatti di cronaca, senza mettere insieme le notizie, gli avvenimenti, senza trarre delle conclusioni o addirittura tracciare le possibili mappe criminali, gli interessi economici del clan.

Le parole di Roberto Saviano

Saviano ha affermato:

“Sono passati tredici anni da quel giorno. Anni di rinvii, rimandi, di libertà negata, di pesantezza, di un’ angoscia che pochi possono davvero comprendere. Anni in cui io stesso mi sono sentito in colpa per essere vivo, perché la colpa più grave agli occhi dei miei nemici è stata la più imperdonabile: non essere morto. Le parole non sono mai neutre, mai inutili, e questo i clan lo sanno benissimo. Tutto è iniziato con delle parole, le mie. E tutto si è concluso con delle parole: quelle della sentenza di condanna che dà un volto e un nome a chi mi ha rovinato la vita.

Mentre uscivo dal tribunale ho guardato il cielo e ancora una volta come quindici anni fa, quando tutto è iniziato, ho pensato: «Maledetti bastardi sono ancora vivo »

Roberto Saviano

Fonte https://www.google.it/amp/s/napoli.repubblica.it/cronaca/2021/05/24/news/minacce_a_saviano_e_capacchione_condanna_per_boss_dei_casalesi-302613858/amp/