Articolo di Francesca Ferrari
Il 9 ottobre 2019 è stata una giornata memorabile per il dott. Nino Di Matteo e per tutti coloro che da anni lo sostengono.
Con 1184 voti il dott. Nino Di Matteo è stato eletto consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura. Un numero notevole, se si considera che Di Matteo non è mai stato iscritto presso alcuna corrente della magistratura fin dall’inizio della sua carriera.
Chi è il dott. Nino Di Matteo?
Siciliano doc, nacque a Palermo nel 1961, quando ancora Falcone e Borsellino non si occupavano di indagini di mafia, ma saranno proprio loro ad ispirarlo negli studi e nella scelta della carriera. Indossò per la prima volta la toga nel 1992 vegliando sulla bara di Paolo Borsellino, alla camera ardente istituita presso il Tribunale di Palermo. È durante in quei giorni terribili e pieni di sconforto che si abbatterono su Palermo, che Nino Di Matteo cominciò a muovere i primi passi della sua carriera; la strage di Capaci e, 57 giorni dopo,quella di via D’Amelio, due eventi di una tragicità senza eguali per un giovane magistrato e cittadino amante della giustizia.
Per leggere sulla strage di Capaci e di via D’Amelio, ecco i link: https://www.raccontaresignificaresistere.it/19-luglio-1992-dalla-strage-di-via-damelio-alle-audizioni-segrete-di-paolo-borsellino/
Il lavoro del dott. Di Matteo
La morte dei suoi punti di riferimento fatti a pezzi dalle bombe della mafia, la sua amata Palermo stravolta da un’onda di ferocia inaudita, non poterono che suscitare nel giovane Nino Di Matteo, un esigenza di giustizia, di verità. E il destino, quasi farlo apposta, lo fece approdare, come primo incarico a Caltanissetta, ad occuparsi dell’indagine sull’uccisione del Giudice Saetta e di suo figlio.
Poco dopo, infatti, nel 1993 gli venne affidata per la prima volta, la scorta. Nel 1999 lavorò come Pubblico Ministero a Palermo, dove continuò ad occuparsi di mafia, fino a divenire, con l’ex P.M. Antonio Ingroia, titolare delle indagini sulla trattativa stato-mafia; un processo che impegnerà tutte le sue forze e quelle dei colleghi Roberto Tartaglia, Vittorio Teresi e Francesco Del Bene.
Furono anni estremamente duri e difficili per Nino Di Matteo: soprusi, delegittimazioni e isolamenti, fu tutto ciò che gli fece compagnia nella sua stanza nella Procura del Tribunale di Palermo, protetto da suoi uomini della scorta.
Riina dal canto suo invece, durante l’ora d’aria in carcere, gli indirizzò minacce di morte sapendo di essere ascoltato e registrato. Più volte minacciò il p.m. di “fargli fare la fine del tonno”.
Un pentito rivelò la presenza di tritolo a Palermo pronto a farlo esplodere, ma tutto ciò non bastò, per far smuovere le più alte cariche dello Stato.
Non ci fu nessun messaggio di solidarietà da parte loro, neanche dal Presidente Mattarella, il cui fratello, ricordiamolo, fu ucciso da mano mafiosa. Nino Di Matteo diventò così, il simbolo della lotta alla mafia e tutte le spiacevoli conseguenze che ne derivarono, perché in Italia, chi riesce a penetrare nella “zona grigia”, quella dei colletti bianchi, quella che va oltre la mafia, viene lasciato solo. La stessa sorte toccò ai suoi predecessori: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Nel 2016 fu bocciata la sua candidatura alla Procura Nazionale Antimafia, quasi come un flashback, quando alla guida dell’Ufficio Istruzione di Palermo venne preferito Antonino Meli a Giovanni Falcone, naturale erede di Antonino Caponnetto.
La sentenza sulla Trattativa Stato-mafia
Il 20/04/2018 fu pronunciata una sentenza storica, quella della Corte d’Assise di Palermo che accolse le richieste dell’accusa, al termine del lungo processo avente ad oggetto la Trattativa Stato-mafia.
Lo Stato condannava se stesso, mettendo a tacere tutti coloro che parlavano di “presunta trattativa”, poco conforme alla realtà.
La trattativa fu confermata in primo grado, ma nonostante la storicità della Pronuncia, il silenzio si fece ancora più assordante: già il 21 aprile, i giornali e telegiornali si dimenticarono di quanto accaduto il giorno precedente.
Ecco perché Nino Di Matteo, insieme al giornalista Saverio Lodato, scrisse un libro: “Il patto sporco”, affinché si potesse portare a conoscenza quella verità scomoda a molti.
Nel frattempo Nino Di Matteo, approdò alla Procura Nazionale Antimafia, ma a soli due anni dal suo insediamento a Roma, il Procuratore Nazionale e Antiterrorismo Cafiero De Raho, lo estromise dal pool deputato a indagare sulle indagini del 92-93.
L’estromissione fu causata da un’intervista rilasciata da Nino Di Matteo, in occasione dell’anniversario della strage di Capaci, durante la quale, a detta del Procuratore Nazionale Antimafia, avrebbe rivelato dei profili investigativi ancora da approfondire, ma che in realtà erano già noti e consolidati in sentenze passate in giudicato.
Ecco l’intervista https://www.la7.it/atlantide/video/lintervista-di-andrea-purgatori-al-sostituto-procuratore-antonino-di-matteo-sulle-stragi-di-mafia-20-05-2019-272241
Ma oggi è un altro giorno, Nino Di Matteo infatti, è stato eletto consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura, il vento sta cambiando, sta arrivando il libeccio. A Palermo il sole splende forte e sorride, sorride a quell’uomo vero che non si è mai arreso.
Buon lavoro Dott. Di Matteo!