Sandro Ruotolo: una vita dalla parte dell’antimafia

Articolo di Fabiana Caiola

Sandro Ruotolo ha dedicato la sua carriera, iniziata nel 1974 con il quotidiano il manifesto, alla scoperta della verità e della legalità e continuerà a portare avanti il suo operato anche dalle poltrone di Palazzo Madama, in quanto proclamato ufficialmente senatore della Repubblica il 28 febbraio 2020.

Diventato corrispondente da Napoli per il Tg2 all’inizio degli anni ottanta, inizia inevitabilmente ad occuparsi di camorra, la stessa che, l’11 giugno 1997, uccise sua cugina, vittima innocente della mafia. Silvia Ruotolo abitava nel quartiere Arenella e stava rientrando a casa dopo essere andata a prendere da scuola suo figlio Francesco. Nel medesimo momento un commando camorristico iniziava una sparatoria nel quartiere con obiettivo Salvatore Raimondo, appartenente al clan Cimmino ed avversario degli Alfano, che morì sul colpo. Il gruppo camorristico però, mirava a colpire anche un emergente del clan, Luigi Filippi, e non si fermò davanti alla folla di gente presente in strada, in quello che doveva essere un normale mercoledì. La sparatoria lunga centocinquanta metri uccise anche Silvia, poco dopo essere riuscita a mettere al riparo il figlio, spingendolo sui gradini dell’ingresso del parco.

«In quel momento decisi di non occuparmi più di Napoli, ero molto arrabbiato per l’indifferenza di una certa borghesia di fronte a simili tragedie, poi sono ritornato a raccontarla»

Dichiarò il giornalista durante un incontro pubblico con il premier Conte, nel novembre 2018. Ruotolo tornò a raccontare la sua città nel 2015 con le inchieste riguardanti il traffico dei rifiuti tossici in Campania (circa 10 milioni di tonnellate di fusti nocivi interrati tra Napoli e Caserta) e intervistando per l’occasione Carmine Schiavone, collaboratore di giustizia ed ex cassiere dei Casalesi. In uno dei passaggi, Ruotolo chiedeva conferma dell’esistenza di  «tracce recenti di rapporti tra Zagaria, quando era latitante, e i servizi segreti» e domandava al pentito di parlare del clan negli anni duemila ma Schiavone non si sbilanciò molto: «Non ti posso dire più niente. Lo saprai al momento opportuno». Andato in onda per Servizio Pubblico su La7, il reportage costò la libertà al giornalista campano che si vide, per seconda volta, la vita segnata dalla camorra.

Giuseppe Conte e Sandro Ruotolo

Avendo infatti ricevuto diverse minacce dal clan  e intercettato le parola di Michele Zagaria dal carcere di Opera «’O vogl’ squartat’ vivo», l’allora prefetto di Roma, Franco Gabrielli, decise di intervenire immediatamente assegnandogli la scorta, che il 2 febbraio 2019 il Ministero dell’Interno decise di revocargli con validità a partire dal 15 del mese corrente. Tre giorni dopo la sospensione della revoca lo Stato torna sui suoi passi, non sottovalutando per l’ennesima volta il problema, ed evitando che la criminalità̀ organizzata potesse trovare uno spiraglio di opportunità̀ in cui inserirsi per poter agire contro il giornalista che non si è mai fatto intimidire dalle minacce e non ha mai smesso di indagare e scrivere, anche attraverso la collaborazione avviata con Fanpage.it dal 2017.

Sandro Ruotolo e Michele Zagaria

Sandro Ruotolo non si è mai fermato, a partire da quando era un cronista alle prime armi, come nel settembre del 1985 quando venne ucciso Giancarlo Siani, passando per le stragi di Capaci e di via D’Amelio fino ad arrivare ai più recenti reportages come La mafia dopo Toto Riina o quello sull’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, a cui ha dedicato la sua elezione.

Sandro Ruotolo trasformerà la fiducia ricevuta dai suoi concittadini in azioni concrete per il mezzogiorno, per trovare soluzioni efficaci nel campo della lotta alla mafia e per la difesa dell’informazione e dei sempre più giornalisti che vengono delegittimati, diffamati.