“Una Positano in terra di Calabria” nei sogni di Gennaro Musella, vittima di mafia

Articolo di Danilo Nocera

Un’esplosione, un boato, le grida, e poi il silenzio. La terra trema nella città di Reggio Calabria, questa volta non si tratta di un fenomeno naturale, questa volta è opera esclusivamente dell’arroganza e della prepotenza mafiosa.

Ed allora si può comprendere come niente sarà più come prima, come niente pone spiegazione al gesto, come niente spieghi quel risveglio così atroce e straziante in quel 3 maggio 1982: quando alle prime luci del mattino, Gennaro Musella si appresta ad uscire di casa, e accendere semplicemente il motore della sua auto nella centralissima Via Apollo.

La storia di Gennaro Musella

Un’esplosione, un boato, le grida, e poi il silenzio. Gennaro Musella è un semplice imprenditore di 56 anni originario di Salerno, trasferitosi in Calabria per alcuni progetti riguardanti in particolare opere marittime. Innamoratosi del territorio, vede numerose potenzialità edilizie che possono valorizzare adeguatamente il contesto e creare nuove opportunità turistiche. In particolare è per Bagnara che Musella crede e progetta, immaginando una nuova Positano in terra di Calabria.

Sogni, appunto, infranti da chi preferisce far restare la popolazione nell’oblio. La gara per l’appalto in merito alla costruzione del Porto Turistico di Bagnara nel 1980, a cui l’imprenditore salernitano partecipa, viene vinta dal gruppo catanese dei Costanzo. Ma la stessa gara si rileva una gigantesca farsa con numerosi illeciti presenti, e Musella denuncia alla magistratura ottenendone l’annullamento. Solo molto tempo dopo si scoprirà che per la costruzione del Porto di Bagnara si era costituita un’alleanza fra la famiglia catanese dei Santapaola e quella reggina dei De Stefano, fra la complicità di imprenditori, politici e funzionari del Genio Civile di Reggio Calabria.

Una nuova gara d’appalto è fissata all’8 maggio 1982, gara a cui Musella non prenderà parte. Un’esplosione, un boato, le grida, e poi il silenzio. Le indagini non porteranno alla conoscenza dei responsabili, venendo archiviate nel 1988 contro ignoti. Saranno riaperte nel 1993, grazie alla Direzione Distrettuale Antimafia e al lavoro del Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria Salvatore Boemi, con l’inchiesta che sarà conclusa ma senza portare ad un processo. L’impegno della figlia Adriana Musella nel suo vivo ricordo, porterà a far riconoscere ufficialmente suo padre come vittima di mafia nel 2008. Un’esplosione, un boato, le grida, e poi il silenzio. Che la memoria di Gennaro Musella, nel suo impegno di cittadino e di uomo, possa consentire ancora di sognare.

In ricordo di Gennaro Musella