Giovanni Falcone e Paolo Borsellino oltre ad essere stati dei colleghi che riuscivano a lavorare ininterrottamente per ore ore insieme, quasi in simbiosi, erano anche grandi amici.
Crebbero entrambi nel quartiere la Kalsa a Palermo, giocavano a pallone con i ragazzi del quartiere, molti dei quali sarebbero diventati imputati nel maxi-processo di Palermo.
Entrambi scelsero la facoltà di Giurisprudenza, vinsero il concorso in magistratura ed insieme fecero parte del Pool antimafia di Palermo.
Furono uccisi soltanto a 57 giorni di distanza.
Entrambi credevano fermamente dello Stato e nelle istituzioni. Credevano nel lavoro che svolgevano e concepivano la lotta alla mafia come “un movimento culturale e morale”.
Amavano fare battute e ridere insieme, è infatti rimasta nella memoria di molti una frase pronunciata scherzosamente da Paolo Borsellino rivolta al suo amico di infanzia Giovanni Falcone:
«Giovanni, ho preparato il discorso da tenere in chiesa dopo la tua morte: “Ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello, quelle che sognano di sciogliere i ghiacciai del Polo con un fiammifero, ma oggi signori e signore davanti a voi, in questa bara di mogano costosissima, c’è il più testa di minchia di tutti: uno che aveva sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge”.»