Articolo di Danilo Nocera
Sono le 8:10 del giorno 4 marzo 1987, la cittadina calabrese di Polistena (RC), si appresta a vivere la solita routine quotidiana con solerte normalità nelle prime luci del mattino.
Un gran viavai di persone, nei loro passi frettolosi per raggiungere le loro occupazioni. Tra loro c’è Giuseppe Rechichi, professore e vicepreside dell’istituto magistrale di Polistena, che aveva parcheggiato la sua auto in una via adiacente il plesso scolastico.
La morte improvvisa
All’improvviso, una vespa rossa con a bordo un giovane intorno alla ventina d’anni, mai identificato, si appresta ad imboccare frettolosamente la stessa via; l’obiettivo del killer è Vincenzo Luddeni, banchiere e direttore della Banca Popolare di Polistena, uscito da poco di casa per recarsi nel suo ufficio. Col motorino ancora in movimento, il sicario estrae la pistola ed inizia a sparare.
Il direttore rimane miracolosamente illeso, ma a pochi metri qualcuno si accascia al suolo. Un proiettile vagante ferisce mortalmente il professore Giuseppe Rechichi: la sua unica colpa è quella di voler andare dai suoi ragazzi, quella di voler svolgere il suo ruolo di insegnante. Inutile ogni tentativo di soccorso al vicepreside di 48 anni, e stringersi alla moglie ed ai tre figli piccoli è fondamentale per un’intera comunità lacerata.
La reazione della gente
Polistena si ferma, portando avanti per settimane manifestazioni di cordoglio e ribellione con più di 2000 persone al seguito: il grido, unanime, è quello di dire basta. Si raccolgono pensieri dei colleghi e degli alunni dell’insegnante, di chi ha potuto prendere parte assieme a lui a diversi progetti, di chi ha assistito alle sue lezioni di matematica, o semplicemente chi ha potuto condividere con lui alcuni istanti, rimarcando le sue qualità professionali ed umane. C’è chi ricorda i suoi occhi pieni di commozione nella notte di Parigi, nell’ultimo viaggio d’istruzione, oppure i suoi racconti di vita in grado di ispirare gli ascoltatori.
Il ricordo di Giuseppe Rechichi e la scuola come strumento di speranza e lotta contro la mafia.
Giuseppe Rechichi vive in questi ricordi, in questa ennesima lotta contro la mafia e la violenza, lotta su cui andranno sempre forniti gli strumenti di contrasto. Ed anche la scuola, così come ogni istituzione educativa e formativa, può offrire speranze e soprattutto le può alimentare. Il professore Scattareggia, nella manifestazione in memoria avvenuta qualche giorno dopo, invita ad utilizzare le uniche armi che abbiamo e che sono molto affilate: la forza morale, le salde convinzioni nella democrazia e nel vivere civile, l’impegno nel nostro lavoro quotidiano, fatto di spirito di sacrificio e di collaborazione con le forze sane del nostro Paese.